Ascoltando Manuel Marín, ex presidente della Commissione europea in una tavola rotonda sul futuro dell’Europa, ho ripensato ad una frase della lettera di Freud ad Einstein “L’Unione reggerà alle attuali sollecitazioni, a patto che divenga possibile per i cittadini una nuova identificazione”.

E’ evidente che le elezioni di maggio sono sia un verdetto sulla gestione della crisi sia una possibilità di appello per i partiti politici. Il modo di gestire la crisi mediante l’austerità è stato inefficace: le tensioni sociali sono aumentate, la credibilità delle UE è diminuita, la ripresa stenta. I due principali partiti oscillano tra due soluzioni diverse, riforme per i popolari, fine dell’austerità e crescita per i socialisti.
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La notizia era nell’aria, prevedibile e scontata per certi versi. Auspicata e reclamata a gran voce, ma non per questo scevra di conseguenze ed implicazioni politico-giuridiche.
La Cassazione si è pronunciata, nelle more della decisione dei colleghi di Lussemburgo, sulla controversa norma del pacchetto sicurezza che commina il carcere per ripetute inottemperanze all’ordine di espulsione. Gli ermellini di Palazzo Cavour già avevano demolito sancendone l’incostituzionalità, la parte dell’articolo 14 comma 5 quater che non prevedeva, in caso di mancato adempimento all’espulsione, la “scusante” del giustificato motivo. Nel caso di specie la scusante era rappresentata dalla condizione di indigenza del destinatario dell’ingiunzione al rimpatrio.
Invero con la sentenza 31869 i giudici della Cassazione hanno così delineato ed esplicitato il procedimento logico-giuridico della loro scelta, sul cui oggetto l’art 14 co 5 quater c.p., anche la Corte di giustizia dovrà pronunciarsi, vagliandone quindi la compatibilità con la direttiva comunitaria sulle procedure applicabili agli stranieri (2008/115/Ce).
Orbene, proprio in ossequio alla sentenza di Lussemburgo, il mancato adempimento all’espulsione, secondo i giudici della suprema corte non deve essere più considerato reato, annullando così un’ordinanza di carcerazione cautelare adottata in base all’articolo oggetto dell’attenzione della Corte di giustizia che, su “invito” della Corte d’Appello di Trento, è chiamata a esprimersi sull’eventuale contrasto della norma interna con il diritto dell’Unione.
Altra bacchettata in materia di diritti umani, altro segnale allarmante di come le soluzioni tampone e demagogiche alla lunga non risolvano problematiche complesse.